Fulvio Filidei

La luce, tradotta in termini di pulizia formale, di spazio fragrante di arie sottili, sto per dire di un segreto musicalismo, è senza dubbio il dato portante della figurazione di Fulvio Filidei, elegante narratore di interni d'intonazione metafisica e di situazioni naturalistiche ricche d'ossigeno (attenzione: l'Artista si è fatto le ossa all'Accademia di Belle Arti di Firenze e mi sembra che la grande lezione dei Maestri toscani e umbri del Tre e del Quattrocento gli abbia suggerito più di un principio di grazia creatrice all'insegna dell'essenzialità).

La figura umana non compare quasi mai nelle proposte di Filidei, dedicate tutte (o quasi) al tema della solitudine, o magari dell'incomunicabilità; però questo tipo di incanto mi sembra che abbia addirittura una sottile aria di festa, del tutto intima, dovuta soprattutto alla suggestione dell'abile giuoco impaginativo, ed anche dalla qualità (tenera, concreta) delle cromic. Sì, c'è aria buona dentro e fuori gli interni dell'Artista, così metafisici e soavemente "inquietanti", e — quasi a dispetto dell'impostazione appunto sottilmente "allarmata" delle opere — si crea subito una sorta di confidenza tra il riguardante e le proposte di Filidei. Direi anzi che non si avverte il senso dell'effimero, del tempo che vola, dell'idea panica dell'esistere, ma forme e colori creano immagini poetiche di valore sensitivo-affettivo, tali da suggerire la concretezza di un sentimento universale che va oltre il dato oggettivo (e qui mi sembra di poter tranquillamente accennare alla teoria di Goethe che poneva l'accento sul fatto che i colori svolgono un'azione particolare sul sentimento e sulla affettività).

Quindi, oggetti prospettive parametri figure ambienti, eccetera, proposti in quella luce/colore tutta speciale cui ho accennato, mentre promuovono l'incontro tra i dati scientifici e le proiezioni psicologiche (ma sì, senza dubbio gli ambienti di Filidei fanno pensare!), svolgono una funzione di chiarità e di evasione in fatto di apertura delle idee: oh, e chi non vorrebbe vivere in uno di questi ambienti di taglio intellettuale, con le finestre che si aprono sulle delizie del creato spoglie di ogni sovrastruttura tecnicistica?

Felice Ballero